.. lavorare con la paura..

Cari amici, oggi lasciamo i fornelli per dare voce ad un gruppo di colleghi, gli agenti del commissariato di Monza, che chiedono di poter replicare a delle foto apparse sulla testata giornalistica “La Repubblica”  (vedi foto e articolo) e che ritraevano due giovani poliziotti mentre usano una pratica di contenimento definita «non usuale» su un cittadino marocchino, fermato poche ore prima per una rissa ed in stato di ubriachezza. Sull’evento, come riporta l’articolo, è stata aperta una inchiesta da parte dell’autorità giudiziaria come “fatto non costituente notizia di reato”.

Nella replica dei nostri ragazzi,  che vi invito a leggere attentamente cercando di accantonare almeno per un attimo eventuali pregiudizi, si evincono le precarie condizioni di lavoro degli agenti, abbandonati al proprio mestiere senza mezzi adeguati, che peraltro diventano anche il facile bersaglio di una cronaca soggettiva e pretestuosa…

A voi la sentenza…

Forse è meglio quando ci sparano addosso, almeno conserviamo la speranza che, se ci va bene, potremmo far valere le nostre ragioni. Contro gli attacchi indiscriminati, senza possibilità di replica, siamo invece indifesi.
Siamo un gruppo di Poliziotti in servizio al Commissariato di Monza, che parlano unicamente per proprio nome e conto, in merito all’articolo apparso su Repubblica, sabato 7 giugno, immediatamente ripreso tutte le testate giornalistiche. Gradiremo fare una precisazione che pensiamo dovuta. Non gongoli l’autore dell’articolo pubblicato di spalla quello citato. In queste righe non troverà, perché non c’appartiene, una reazione alla violata “omertà tipica del crimine e/o una concezione tribale e catastale dei diritti dei doveri” come la definisce. Ne la solita generica difesa d’ufficio basata sulle note (e peraltro giustissime) lamentele sulla scarsità di uomini e mezzi, strutture e stipendi. Verrebbe invece voglia di allegare la fotografia del resoconto dei risultati ottenuti, nonostante tutto questo.
Capiamo bene che faccia più rumore la notizia di un albero che cade, di una foresta che cresce ma, detto per inciso, nelle stesse ore in cui il nostro Commissariato veniva dipinta livello nazionale come una specie di “Guantanamo” italiana, altri poliziotti lo stesso Commissariato, superando con spirito di sacrificio tutte quelle carenze, compivano loro dovere. Quale risalto è stato dato all’arresto di uno arresto di uno spacciatore ed al sequestro di 3 litri di “Ketamina”, una delle famigerate droghe dello stupro?
Nessuna difesa, dunque.
Il punto è un altro: qui non c’è nessuno da difendere, perché non c’è alcun reato. L’unica titolata decidere, eventualmente, sarà l’autorità giudiziaria di Monza. Ci permetta quindi sono alcune precisazioni, innanzitutto sui fatti, da parte di addetti ai lavori che tutti i giorni sono chiamati ad affrontare situazioni di emergenza. La fotografia ritrae gli ultimi momenti di un difficile e delicato intervento di Polizia. Un medico chiamato sul posto, ritenuto lo stato di estrema agitazione psicomotoria della persona arrestata tanto pericolosa per la sua ed altrui incolumità, da somministrargli un sedativo. Una volta calmatosi, i due poliziotti vengono immortalati nel momento in cui stanno togliendo la cintura con la quale avevano immobilizzato le gambe della persona. Tale procedura, definita nell’articolo fuori delle regole, non è estranea neppure tecniche utilizzate durante, ad esempio, i trattamenti sanitari obbligatori, quando si tratta di contenere soggetti altrimenti incontrollabili che, fuori di sé, potrebbero recare danno a se stessi o agli altri. Di nessuna rilevanza, in questo caso, la circostanza che le camere di sicurezza fossero inagibili. I Poliziotti rischiano sempre del proprio, per evitare in tutti modi che le persone sotto custodia possano compiere atti di autolesionismo, anche se trattenute in camera di sicurezza. Lo stesso uso della cintura è dovuto al fatto che le manette imposte le caviglie fanno male! Il risultato è stato che alla persona in questione, una volta visitata, non è stata riscontrata alcuna lesione, mentre due dei poliziotti intervenuti sono tutt’ora in convalescenza per le lesioni subite, a spese della comunità.
L’ atteggiamento degli operanti infine, denota tutto tranne che “un modo che non ha nulla a che fare con le normali procedure d’intervento, anche in situazioni di emergenza” come citato testualmente nell’articolo. Sempre fra virgolette, più avanti, si definisce l’azione immortalata dalla fotografia come “una procedura del tutto illegittima”. Chi fa veramente il nostro mestiere, sa bene che tale tecnica, ultima risorsa in casi limite come quello in esame, lungi dall’integrare un abuso, serve solo ed esclusivamente a tutela dell’incolumità stessa del fermato e degli operatori. Inoltre il fotografo, sicuramente un altro agente, sapeva benissimo che se di fronte a lui si stava commettendo un illecito, doveva intervenire per non esserne complice e, quindi, in un’ipotesi di reato, altrettanto colpevole. Non risulta invece abbia fatto altro, se non scattare la fotografia. La morale è tanto ovvia quanto amara: cari giornalisti, non fatevi tirare la giacchetta per posizioni di parte assunte a prescindere. Che è come dire, non utilizzate chi tutti i giorni mette a repentaglio la propria incolumità adempiendo, nel migliore dei modi, al proprio dovere, per strumentalizzare episodi la cui spiegazione, se solo richiesta a chi ha cognizione di causa, potrebbe facilmente ricondurli a quello che effettivamente sono. Infine, serenità di giudizio e onestà intellettuale, ci sembrano dover imporre di non accostare l’episodio in questione agli altri casi citati, tristemente noti e giustamente perseguiti nelle aule dei tribunali. Cedere alla tentazione di cercare dovunque l’abuso, anche a dove abuso non c’è, ci sembra non renda un buon servigio alla comunità. Come si percepisce sempre più spesso, soprattutto fra i colleghi più giovani, questo è il modo migliore di toglierci la serenità necessaria a svolgere il difficile compito cui siamo chiamati. L’unica cosa peggiore di un Poliziotto che sbaglia mentre fa il suo lavoro, è un Poliziotto che lavora con la paura di sbagliare. Allora si, il danno sarebbe irreparabile.